Quando si vota
per il sindaco, perlopiù, non si cercano avventure. Roma e Torino, su tutti, dimostrano
che i cittadini hanno scelto le persone ritenute più credibili, le più adatte a
governare. Mediamente, quindi, il populismo (di destra e di sinistra) esce
sconfitto da questa tornata.
Gualtieri, già ministro con Conte, storico (e per
questo mi è doppiamente simpatico), è il nuovo sindaco di Roma. La persona
giusta, credo, per provare a far tornare la Capitale nel posto che merita,
ovvero un modello per l’Europa ed il mondo (non mancheranno le difficoltà, ma
Gualtieri ha le caratteristiche per riuscirci). A Torino, mi auguro, Lo Russo
potrà riprendere il buon governo di Fassino, interrotto a suo tempo per una
prevalenza molto politica e poco locale.
Vince il PD in
primis, vince il centrosinistra, vincerebbe una virtuale coalizione tra
centrosinistra- M5S- Italia Viva/Azione. Il M5S, però, pur rivelandosi
potenzialmente utile in alleanza al campo progressista, perde clamorosamente la
contingenza amministrativa (Roma e Torino erano sue). Il PD ha dimostrato, come
spesso gli accade, di scegliere bene i propri candidati ai municipi. Questo non
significa prevalenza nazionale, sulla quale c’è tanto da lavorare, ma
certamente significa l’assunzione di un ruolo di guida trainante di una
coalizione allargata.
Il centrodestra
ne esce male sotto diversi punti di vista. Punto primo: ha sbagliato la scelta dei
candidati nelle principali città. Punto secondo: la spartizione partitica dei
candidati, invece della scelta del migliore per il territorio, è stato un
terribile errore.
Punto terzo: il centrodestra perde quando è a trazione nazional-populista,
risulta invece più credibile (come in Calabria ed a Trieste(?), vincente)
quando è a trazione governista nel campo del Partito Popolare Europeo. Sicuramente
ha pesato la divisione tra Meloni e Salvini sul sostegno al governo, così come una
Forza Italia con Berlusconi “governista” che un giorno sì e l’altro pure prova
a parlare da Presidente della Repubblica.
Un punto su cui
tutti perdono è l’astensione. Troppa poca è stata la partecipazione ad entrambi
i turni, che purtroppo sta diventando un’abitudine occidentale (negli USA l’affluenza
è da sempre molto più bassa che in Europa), su cui una riflessione vera e approfondita
va fatta dalla politica tutta.
Sul piano
locale esprimo grande soddisfazione per la vittoria a Massarosa di Simona Barsotti,
quarta donna sindaco della Provincia (fino a tre anni fa ne avevamo una
soltanto), che conquista un Comune che il centrodestra ha gestito con totale
inadeguatezza.
La vittoria nei
municipi non vuol dire prevalenza alle politiche, per le quali valgono tanti
diversi fattori (non trascurabile, la legge elettorale), ma è certamente un
buon viatico, perché, checché se ne dica, vincere aiuta a vincere.
Quando si vota
per il sindaco, perlopiù, non si cercano avventure. Roma e Torino, su tutti, dimostrano
che i cittadini hanno scelto le persone ritenute più credibili, le più adatte a
governare. Mediamente, quindi, il populismo (di destra e di sinistra) esce
sconfitto da questa tornata.
Gualtieri, già ministro con Conte, storico (e per
questo mi è doppiamente simpatico), è il nuovo sindaco di Roma. La persona
giusta, credo, per provare a far tornare la Capitale nel posto che merita,
ovvero un modello per l’Europa ed il mondo (non mancheranno le difficoltà, ma
Gualtieri ha le caratteristiche per riuscirci). A Torino, mi auguro, Lo Russo
potrà riprendere il buon governo di Fassino, interrotto a suo tempo per una
prevalenza molto politica e poco locale.
Vince il PD in
primis, vince il centrosinistra, vincerebbe una virtuale coalizione tra
centrosinistra- M5S- Italia Viva/Azione. Il M5S, però, pur rivelandosi
potenzialmente utile in alleanza al campo progressista, perde clamorosamente la
contingenza amministrativa (Roma e Torino erano sue). Il PD ha dimostrato, come
spesso gli accade, di scegliere bene i propri candidati ai municipi. Questo non
significa prevalenza nazionale, sulla quale c’è tanto da lavorare, ma
certamente significa l’assunzione di un ruolo di guida trainante di una
coalizione allargata.
Il centrodestra
ne esce male sotto diversi punti di vista. Punto primo: ha sbagliato la scelta dei
candidati nelle principali città. Punto secondo: la spartizione partitica dei
candidati, invece della scelta del migliore per il territorio, è stato un
terribile errore.
Punto terzo: il centrodestra perde quando è a trazione nazional-populista,
risulta invece più credibile (come in Calabria ed a Trieste(?), vincente)
quando è a trazione governista nel campo del Partito Popolare Europeo. Sicuramente
ha pesato la divisione tra Meloni e Salvini sul sostegno al governo, così come una
Forza Italia con Berlusconi “governista” che un giorno sì e l’altro pure prova
a parlare da Presidente della Repubblica.
Un punto su cui
tutti perdono è l’astensione. Troppa poca è stata la partecipazione ad entrambi
i turni, che purtroppo sta diventando un’abitudine occidentale (negli USA l’affluenza
è da sempre molto più bassa che in Europa), su cui una riflessione vera e approfondita
va fatta dalla politica tutta.
Sul piano
locale esprimo grande soddisfazione per la vittoria a Massarosa di Simona Barsotti,
quarta donna sindaco della Provincia (fino a tre anni fa ne avevamo una
soltanto), che conquista un Comune che il centrodestra ha gestito con totale
inadeguatezza.
La vittoria nei
municipi non vuol dire prevalenza alle politiche, per le quali valgono tanti
diversi fattori (non trascurabile, la legge elettorale), ma è certamente un
buon viatico, perché, checché se ne dica, vincere aiuta a vincere.