“Sindaco, più
manutenzione”. Così riporta, in sintesi, un mantra della minoranza. Tuonano, con
certo spazio sui giornali, dopo che la sera prima, in consiglio comunale, non
hanno aperto bocca sul punto. E pure di occasioni ne hanno avute, dal momento
che il sindaco stesso nella seduta ho parlato tanto, sia di locale che di
nazionale e internazionale, ma lì si è fatto scena muta. Accade spesso, che
dopo consigli senza dibattito esca un articolo o un post. Non è la prima volta
e non sarà l’ultima. Perché succede? Forse perché in generale non si ha molto
da dire, oppure perché non si vuole contraddittorio o forse perché l’articolo
fa scena e il consiglio comunale lo seguono in pochi. La minoranza attuale è
emblema di cosa sta avvenendo ad una certa politica e soprattutto ad una
politica ultra- populista che fa opposizione (e anche se governa proverebbe a
fare entrambe le cose). Li prendo come premessa del paradigma. Quanto scrivo di
seguito vale in generale per molte realtà ma non è riferito a nessuno in particolare.
Vi riassumo lo
schema della messa in scena. Alcuni recitano la parte degli attenti al
territorio, i custodi delle piccole cose, prendendosi spesso meriti che non hanno,
chiedendo cose impossibili o sempre di più rispetto a quanto una politica reale
e concreta possa realizzare. Cosa contano i soldi? L’importante è chiedere all’infinito
per ingraziarsi le simpatie di qualcuno, tanto siamo all’opposizione e non
dobbiamo preoccuparci di un piano serio. Ci sono quelli che fanno i presunti padri
nobili, senza scendere nel merito delle cose, senza “sporcarsi le mani” con
dibattiti “inutili” e costruiscono un’immagine, soprattutto via social, di
moderati e affidabili. Non schierarsi, non prendere posizione, ma sorridere e
dare pacche sulle spalle -si pensa- paga più di ogni altra cosa.
Queste figure
non sono di destra né di sinistra, ma nemmeno di centro, perché la politica ed
i partiti gli fanno schifo (così dicono). Ma quasi sempre, sotto la maschera,
sono di destra e di destra estrema. In sostanza, coltivano il sogno dell’annullamento
delle differenze, dell’appiattimento delle coscienze, di un “state tutti con
me, perché – raccontano- la destra e la sinistra non esistono”. Cioè, sono la
quintessenza di un populismo estremo, dove non c’è un’idea propria, una propria
visione (e anche se c'è, viene dopo il sentiment del consenso ad ogni costo), ma l’incarnazione di un megafono più o meno carismatico di ciò che una
maggioranza del popolo vuol sentirsi dire (a seconda dei momenti e delle
circostanze, con giravolte che farebbero impallidire De Pretis).
Amministrare,
essere maggioranza, governare, è invece tutt’altro. Se ad inizio anno hai
100.000 euro per la manutenzione e 50.000 devi spenderli subito per nevicate
e/o frane, ti rimane poco per il resto dell’anno e devi fare scelte, anche “dolorose”.
Se vuoi mettere a posto una scuola deve indirizzare lì i progetti, quindi le
risorse, quindi le energie. Se vuoi giocare un ruolo da protagonista nella
tragedia dell’immigrazione (ora, ad esempio, abbiamo la tragedia afgana), devi
dare indicazioni chiare agli uffici, partecipare a bandi ministeriali, lavorare
anni ad una soluzione umana, efficace, lungimirante. Se vuoi un parcheggio
nuovo, un ponte restaurato, una frana messa a posto, persino se vuoi un lastricato
in pietra, devi progettare, partecipare a bandi specifici. Se dici NO ad un
impianto che ritieni sbagliato per il territorio, devi puntare su energie alternative
e rinnovabili, che magari nell’immediato non danno le risposte che certe
aziende vorrebbero ma che possono aiutare la transizione ecologica. Se dici SI
alle Unioni Civili anche tra persone dello stesso sesso, sai che qualcuno sul
territorio te lo metti contro. E così via.
Amministrare
significa scegliere, prendere posizione, andare avanti. E se, come tutti
sappiamo, in ambito locale contano tantissimo le persone e le appartenenze ideali
sono molto più sfumate, è chiaro che, per come io (e credo tanti altri) vedono
il mondo, non basta essere persone per bene e oneste, bisogna anche avere
qualcosa da dire. Non serve a niente essere ultra-populisti del sorriso e della
moderazione, bisogna avere competenza, visione. In sintesi, bisogna essere
popolari e non populisti, esercitare una leadership più o meno carismatica che
decida, scelga, agisca. Fare politica, come vivere, è scegliere.
Sapete cosa
succede alla fine? Che chi ha governato con progettualità inizia ad aprire
cantieri (o prosegue nel farlo), migliora quindi il territorio e taglia nastri
a ripetizione. L’ultra- populismo, a quel punto, non può far altro che buttarla
in caciara o criticare l’esibizionismo (secondo loro) di chi pubblicizza gli
interventi realizzati. Mentre per chi lo fa, altro non è che condividere con i
cittadini le grandi soddisfazioni del lavoro svolto nel tempo. Perché si sa, il
tempo è galantuomo.
“A chi si
dichiara di sinistra e democratico/ però è amico di tutti perché non si sa mai,/
e poi anche chi è di destra ha i suoi pregi e gli è simpatico ed è anche
fondamentalista per evitare guai.”
Addio,
brano di Francesco Guccini